Qualche mese fa ho lasciato Trieste, per trasferirmi a Praga.
E non c’è che dire, Trieste manca anche a me.
Credo sia una delle città, cui i propri abitanti si affezionano maggiormente. Per cui, scrivere su questo blog triestino, da un lato mi fa sentire ancora un po’ parte della mia città e dall’altro è un modo simpatico per mettere alla prova il mio “senso della frase“, per dirla alla Pinketts.
Dopo le visite di rito al ponte Carlo, al castello, al quartiere ebraico, sono già stufo del carrozzone turistico che ruota attorno ai luoghi più noti, soprattutto nel periodo estivo.
Per cui, l’altra domenica, complice anche una bella giornata, decido di tentare qualcosa di un po’ diverso. Scorro velocemente la Lonely Planet (mitica guida dei back-packers, ormai sull’orlo della bancarotta, travolta anch’essa dalla crisi della carta stampata), faccio qualche verifica in Internet, e decido per il DOX.
Il DOX è probabilmente il principale centro di arte contemporanea di Praga e si trova nel distretto di Holesovice.
Già l’edificio è un’opera d’arte, si trova infatti in una vecchia fabbrica macchine, costruita circa un secolo fa per la ditta Rossemann and Kühnemann e ristrutturata magistralmente nello scorso decennio dal pluri-decorato architetto Ivan Kroupa.
Anche il quartiere ha il suo fascino: zona di fabbriche dismesse e abitazioni seriali dell’epoca comunista (qui le chiamano panel blocks). Queste zone vengono in genere “colonizzate” inizialmente da una certa cultura under-ground (artisti, musicisti, giovani con pochi soldi e tanti sogni, perditempo notturni) e poi vengono via via ristrutturate a macchia di leopardo, come nel caso del DOX, acquisendo sempre più valore commerciale. Mi ricorda il quartiere di Prenzlauer Berg a Berlino, che ha vissuto una storia analoga.
Al DOX sono ospitate mostre di artisti contemporanei, principalmente dei paesi del centro ed Est Europa. Al momento ci sono ben quattro mostre temporanee:
Disabled by normality – un’approfondita ricognizione del disabile nel mondo dell’arte e del cinema;
Radim Labuda (aspects of the great man) – personale di questo artista slovacco;
StartPoint – concorso per giovani artisti emergenti;
Gustar – personale di questo artista che esplora i confini della musica e della matematica e delle loro rappresentazioni grafiche (chissà che non abbia letto Escher – Goedel – Bach).
Uscendo, facciamo quattro passi per il quartiere relativamente deserto nel caldo pomeriggio estivo e ci imbattiamo in alcuni locali underground, che non consiglierei proprio alle mie figlie.
Non c’è dubbio: ancora oggi a Praga si percepisce un’attenzione per musica ed arte ben superiore a tante altre città europee.
E soprattutto, non tanto per i tesori del passato che abbondano dovunque, quanto per la voglia di continuare a vivere queste esperienze anche nella vita contemporanea e quotidiana.
Paolo Pirona, settembre 2013