Catanzaro 25 luglio 1991, ore 12,30.
Era da un bel po’ che provavo a comporre ossessivamente quel numero. Sempre occupato….
L’ufficio personale del Ministero dell’Interno al Viminale di Roma doveva comunicarmi la mia destinazione definitiva, la mia futura sede lavorativa presso uno dei comandi dei Vigili del Fuoco. Finalmente, all’ennesimo tentativo, il segnale di linea libera… Rispondono e mi mettono in attesa.
In quella trepidante attesa mi sono passati davanti agli occhi i sei mesi trascorsi tra i banchi e sul campo dei corsi di formazione per i Vigili del Fuoco. Sei mesi in cui ho condiviso con i compagni le difficoltà e la durezza del corso, durante i quali ho conosciuto tutti, frequentato tanti e sono diventato amico fraterno di alcuni. A fine corso eravamo stati sottoposti ad un duro esame e ora aspettavamo di sapere dove ci avrebbero destinato. Avevo dato le mie preferenze: Roma, Firenze, Bologna, Venezia, Milano… Tutte città collegate direttamente sull’asse ferroviario con la mia Calabria.
Finalmente l’impiegato riprende la conversazione, distogliendomi dai miei pensieri. “Il primo agosto a Trieste.”
Restai senza parole con la cornetta all’orecchio. La conversazione era stata interrotta e il tipico segnale telefonico mi aveva quasi ipnotizzato. Non ascoltavo quasi più assorto nei pensieri che mi giravano in testa. ” Trieste, è in Friuli Venezia Giulia, sì, questo lo so, ma dove si trova esattamente? Dove c….. mi hanno sbattuto!”
Di Trieste sapevo solo che si trovava in Friuli Venezia Giulia in un posto per me imprecisato del nord est e che a Trieste c’è il Castello di Miramare e soffia la famigerata bora. Mi sfuggiva l’esatta dislocazione sulla cartina geografica. “Il posto più sperduto e lontano dove potessero mandare un calabrese. La città più lontana d’Italia.”
Dovevo comunque venire a vedere e tastare di persona che aria tirasse da queste parti. Il 31 luglio mi misi in viaggio con la mia auto. Con inaspettata quanto estrema cordialità, il Comando mi aveva comunicato di aver già provveduto a prepararmi una cameretta nel distaccamento portuale. Dopo un viaggio interminabile, ho imboccato la strada costiera che corre alta rispetto al mare, in leggero declivio verso la città, costeggiata dalle rocce del carso a monte e il panorama sul golfo di Trieste a valle. Non ho potuto fare a meno di fermarmi in una delle piazzole che si trovano lungo il percorso per ammirare la bellezza della costa a picco sul mare. Il panorama è di quelli mozzafiato. La città, in tutto il suo splendore che s’intuisce subito, è visibile dall’alto.
Si riconoscono le rive, una striscia di terra che separa gli splendidi palazzi monumentali dal mare, i moli che si allungano come dita che aggrappano la terra all’acqua, il porto, la punta sottile, ultimo sperone di terra italica ad est prima del confine. Spaziando con lo sguardo, da un lato oltre i confini nazionali, si ammira la penisola Istriana fino alla Croazia e dall’altro le famose spiagge d’oro di Lignano e quelle di Grado cui fanno da sfondo le maestose cime delle Alpi Giulie.
Dal posto dove mi ero fermato, un ripido sentiero, a tratti scalinato, porta al livello del mare per raggiungere alcune deliziose spiaggette. Più avanti, percorrendo la strada, sulla destra il bivio per il famoso Castello di Miramare, poi il lungomare, subito dopo la pineta di Barcola che si sporge fin sul mare, poi l’entrata sulle rive, subito dopo il Porto Vecchio, poi ancora la piazza dell’Unità d’Italia che si tuffa in acqua. Mi sentivo frastornato e allo stesso tempo eccitato nella consapevolezza di esser arrivato in un posto magico. La stanza che mi avevano preparato era quella d’angolo al primo piano del distaccamento portuale sito in testa al molo terzo. Fui rapito dalla bellezza della città che mi offriva il suo lato migliore, il suo salotto buono, ammirato da una prospettiva di cui neanche i triestini potevano godere. Mi sembrava di essere a bordo di una nave, dalle cui ampie vetrate si potevano ammirare i palazzi storici delle rive, il teatro Verdi, il palazzo del Lloyd…..
Lo sciabordio delle onde sul molo, la luce soffusa del tramonto, i riflessi dorati sulla superficie del mare, tutto contribuiva a regalare all’ambiente un’atmosfera magica. Chi è sensibile al fascino della bellezza, non può non provare un’attrazione irresistibile che irretisce inesorabilmente. La stessa attrazione che mi ha indotto a scegliere questa città, anche se la più lontana d’Italia, come la mia città.
E sono ancora qui.
Antonio
Anch’io sono venuto a Trieste da fuori molti anni fa e la mia sensazione allora è stata proprio quella di essere arrivato nel posto più lontano. E’ Italia ma non si vive e non si parla come in Italia. E’ talmente lontana che qui si è dovuto ricreare in piccolo tutto quello che in Italia con una o due ore di macchina si trova a portata di mano. E quindi è così completa che quando ritorno al paese, mi manca la sua varietà.
Aldo, in nessun posto d’Italia si parla come in Italia… forse il genovese capisce il romagnolo? Per non dire il pugliese il valdostano, chi di loro parla come in Italia?