trieste città di gente vissuta

Ricevo dalla mia amica Laura e volentieri pubblico

C’è un piccolo negozio in Corso Italia, una bottega insignificante.
Ora è coperto da un’impalcatura, installata per la ristrutturazione della facciata del palazzo. E’ un locale abbandonato, degradato e non ricordo neanche che cosa vendesse. Sopra la vetrina troneggia ancora una scritta nera in campo giallo: “Trieste , città di vecchi… No, di gente vissuta“. La frase è scritta in triestino, dialetto che ormai comprendo alla perfezione, ma che non sono in grado di riprodurre.

ph_andrea perotti
 Arrivata a Trieste circa sedici anni fa l’avevo notata, scambiandola bonariamente per la solita frase campanilistica, auto celebrativa, che faceva il verso alla condizione oggettiva che Trieste è effettivamente una delle città con la maggiore percentuale di residenti anziani.
Non c’è bisogno di attingere a fonti statistiche per rendersene conto.
Basta camminare per la strada soprattutto di mattina, girare per negozi e supermercati, osservare la densità di case di riposo presenti sul territorio, oppure leggere gli annunci sul Piccolo, in ricordo del caro estinto, in cui si nota che l’età media del trapasso è nettamente al di sopra della media nazionale.
Gli anziani triestini sono davvero una fauna autoctona, una fetta di popolazione sui generis , unica ed inimitabile.
Sono molto diversi dagli anziani tipici delle latitudini in cui sono nata io. Nel sud essere anziani costituisce quasi una condizione di attesa, caratterizzata da passività e rassegnazione, soprattutto per le donne, che perdono autonomia, voglia di vivere, dedicandosi esclusivamente alla cura dei nipoti o alla ristorazione di coloro che in famiglia lavorano.


I Triestini non la pensano così. E’ confortante vedere signore anziane che di mattina s’incontrano nei caffè, mai  a casa, per carità!  D’inverno si mettono all’interno in vetrina, contendendosi il tavolino più vicino alla strada, chiacchierando animatamente. Si vede che si sono preparate con cura da piccoli dettagli, come cappellini civettuoli inclinati sulle ventitre.
La bora, il freddo, il ghiaccio non le fermano! Sono delle impavide eroine che si spostano sui mezzi pubblici, anche con il bastone, le stampelle, malferme sulle gambe, ma sempre in piedi, desiderose di incontrarsi, di fare parte della città. Si difendono dal freddo indossando pellicce che emanano effluvi tossici di naftalina e se si capita accanto a loro in bus si finisce con l’olfatto fuori uso.
D’estate invece preferiscono stazionare all’aperto ai tavolini di bar e gelaterie dove si incontrano, magari accompagnate da cagnolini fedeli che partecipano all’evento attendendo pazienti ed ansimanti ai loro piedi.
Vederle a teatro è già uno spettacolo, che vale il biglietto pagato. Arrivano in gruppetti, si siedono sempre negli stessi posti, sono abbonate storiche alle quali l’ente della cultura e spettacolo dovrebbe regalare un premio fedeltà . Vestite con un tocco glamour, con qualche lustrino o brandendo una borsetta scintillante, chiacchierano dello spettacolo con competenza, confrontandolo con le edizioni delle stagioni precedenti e all’intervallo non sfuggono al mondano incontro nel foyer, per allargare la cerchia di commenti con altre coetanee dislocate nei vari settori del teatro.

Gli uomini sono pochi e interpretano il ruolo di comparse, con la loro presenza elegante e discreta.
Spesso gli anziani triestini sono anche brontoloni e polemici, a volte intolleranti, capaci di fare interminabili ramanzine ai giovani che in autobus non sono celeri a cedere loro il posto o pronti a lagnarsi ai giardinetti se i bambini sono troppo rumorosi e frizzanti, ma questo è un pregio, perché mette in evidenza la loro volontà di non sentirsi in disparte, ma componente attiva della città con voce in capitolo su tutto quello che li circonda. La vera forza della natura sono gli anziani ex combattenti, presenti alle commemorazioni nazionali del 2 giugno o del 4 novembre. Spesso sono alpini ancora legati al senso di appartenenza alla propria brigata e con fierezza indossano per le occasioni solenni il cappello con l’emblematica penna. Sono in piedi, si muovono con lentezza, ma fanno di tutto per rimanere immobili ed impettiti. Alla prima nota dell’inno nazionale si mettono sull’attenti e si emozionano a tal punto da lasciar scorrere le lacrime lungo le gote. Non si preoccupano di celare e bloccare quel rivolo di emozione, ma continuano a rimanere immobili, muovendo leggermente le labbra tremanti per cantare l’inno che faticosamente è diventato il loro. Il patriottismo che li pervade, la fierezza di essere Italiani è un esempio unico, encomiabile, al quale non si può rimanere indifferenti. Basta vederli una sola volta per capire cosa significa avere l’onore di essere Italiani.
Evviva gli over 80 della città della bora, la faccia viva della città, la parte non vecchia, ma vissuta!

ti potrebbero interessare anche:

3 Comments

  • Tony scrive:

    Non ci crederai …. Ma mi riservo di fare l’abbonamento al teatro proprio per i giorni a venire…..!!!!

  • ANTONIO scrive:

    GENTE VISSUTA BELLISSIMO. COMPLIMENTI A CHI LO HA SCRITTO E A CHI LO HA PUBBLICATO.
    MOLTI MENO GIOVANI SI AVVICINANO AL COMPUTER. ANZI LO TEMONO. QUINDI POCHISSIMI DIRETTI INTERESSATI LO LEGGERANNO. SAREBBE OPPORTUNO FARLO PUBBLICARE SUL PICCOLO DI TS. SPERO CHE LA SIG. FRANCESCA SI ATTIVI PER QUESTO.
    UN CORDIALE SALUTO DA UN MENO GIOVANE
    84/ ENNE NAPOLETANO SUPER DOC VIVENTE NELLA BELLISSIMA NAPOLI.

  • Rachele scrive:

    Come dice una mia amica, ovviamente in dialetto, ma traduco: “A Trieste, se a 70 anni sei stufo di vivere, non ti puoi suicidare per non dare un dispiacere ai genitori”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *