Anno 2006
Regia Giuseppe Tornatore
Sceneggiatura Massimo De Rita
Attori Xenia Rappoport, Michele Placido, Margherita Buy, Claudia Gernini, Alessandro Haber, Angela Molina, Piera Degli Espoti, Pierfrancesco Favino
Irene è “la sconosciuta”, ex prostituta ucraina arrivata nel nord Italia per fuggire dai fantasmi e dagli incubi del passato. Irene trova lavoro come domestica in una famiglia e un appartamento dove andare a vivere.
Si guadagna la fiducia della famiglia Adacher occupandosi della piccola Tea, ma il passato ritorna prepotentemente nella sua vita.
Interamente girato a Trieste da un Tornatore da sempre affascinato dalla luce della città, ha tra le loction principali il grande palazzo dei portici di Chiozza, proprio all’imbocco del Viale XX settembre.
Quel palazzo lo conosco bene.
E’ stato il mio primo approdo a Trieste, quel bel palazzo, maestoso, giallo delle Assicurazioni Generali. Portata dal destino.
Non un palazzo comune per Trieste, vuoi perchè ci hanno abitato triestini illustri vuoi perchè è usuale punto di ritrovo per gli appuntamenti _ ci troviamo “lì dei Portici di Chiozza”.
L’appartenenza è inequivocabile.
A ricordarlo lo “stemma” in ottone stampigliato sull’importante _ nonché pesante_ portone in ferro battuto.
Attraverso quel portone si accede in un bell’atrio tutto marmi, bianchi, gialli e neri, all’estremità del quale tra la scala e l’ascensore _ un tempo originale di legno, poi ristrutturato _ sta ancora , dietro una porta a vetri il bugigattolo del portiere.
Ancora in divisa, quando sono arrivata. Grigia, con i bottoni dorati. Elegante. Resa ancora più elegante dal portamento di Pietro, il portiere di allora, siciliano oramai triestinizzato, che pareva non vedesse alcunchè, ma che in realtà sapeva tutto. Bastava prenderlo con le buone!
Da lì, dall’appartamento dagli alti soffitti, dalle porte maestose e strette dai lunghi corridoi che corrono tutt’intorno alla chiostrina centrale, ammiravo ogni mattina il Viale che si apriva davanti a me, in una lunga infilata di platani secolari, le cui fronde copiose d’estate danno una piccola tregua alla canicola. Quelle fronde sono ancora le testimoni, mute e sorde degli incontri lungo il Viale, nei bar, nelle gelaterie e nei caffè sempre meno mitteleuropei e sempre più globalizzati.
D’inverno i rami di quegli stessi platani, lunghi e spogli sibilano all’infilata della bora che scende prepotente dal Carso. Quella c’è solo qui, non vi è il pericolo di alcuna globalizzazione.
Vittima inconsapevole della bora è stato il primo canarino di mio figlio, incautamente messo a prendere aria nella sua gabbietta sul terrazzino in fronte al Viale. Volato via insieme ad una folata di bora… e subito rimpiazzato con uno quasi identico.
Mi ricordo bene di quando, in un appartamento sopra il mio hanno girato “La sconosciuta”.
Un gran lavorio di telecamere, e luci.
L’ingresso maestoso, quello di marmo bianco, giallo e nero rimpicciolito per ragioni di copione da pareti di compensato.
Le scale imbrigliate da una qualche strana scenografia.
Gli ascensori occupati da strani ammannicoli.
Dopo un tramestio durato qualche mese _ o giù di lì _ come per incanto in una giornata è sparito tutto.
Via le luci.
Via le telecamere. Via le pareti di compensato. Il palazzo ha ripreso, per incanto, il suo aspetto normale.
La vita è tornata normale e il grande fil della vita è tornato a scorrere.