Che cos’è Trieste se non un frullato di lingue diverse!
A Trieste si parla prevalentemente il triestino, in tutti gli ambienti, dai più popolari all’università. E’ una lingua identitaria, che accomuna tutti. E’ usuale, in qualsiasi ambiente, che ci si rivolga a te in triestino. L’italiano arriva solo in seconda battuta: quando il tuo interlocutore si accorge che sei foresto (id est non triestino) vira immediatamente, molto spesso faticosamente, verso l’italiano.
Ma oltre al triestino a Trieste sopravvivono le lingue che qui, per storia e tradizione, l’hanno sempre fatta da padrone: mi riferisco allo sloveno e al tedesco retaggio di Maria Teresa, la cui influenza si trova ancora in alcune espressioni tipiche (sluc =sorso, chifel= pasta di patata fritta a forma di mezzaluna).
Accanto a queste lingue capita spesso di sentire il serbo – la cui comunità si stringe attorno alla chiesa di San Spiridione – il greco della comunità dei greci e l’inglese della comunità scientifica, che qui a Trieste è di casa ( anche se i Triestini ogni tanto se lo scordano!)
Il concentrato di questo frullato, l’esempio più fulgido di esso è una mia carissima amica.
Quando si rivolge al marito – non triestino – e ai figli lo fa in triestino, inframmezzato da alcune espressioni serbe (la lingua della madre) e da alcune parole in tedesco, lingua che veniva abitualmente parlato nella sua famiglia di origine.
L’italiano lo usa solo quando vede l’espressione esterrefatta e gli occhi sgranati del marito, che non ha capito nulla.
Quando è molto incazzata, poi, lo si capisce subito perché usa solo e soltanto il serbo.
Veramente da paura!
A me si rivolge solo in triestino e in tedesco, anche tramite SMS. Non usa quasi mai l’italiano perché pensa che io oramai, dopo sedici anni, abbia subito la completa ma difficile mutazione, tanto sperata dai tutti i triestini: la triestinizzazione del talian (“ Taliani sono tutti gli abitanti della penisola che non sono nati a Trieste, tutti coloro che per comunicare usano l’idioma nazionale, o se usano il triestino tradiscono un accento allogeno” come dice Mauro Covacich, in “Trieste sottosopra”, Laterza 2006.)
Non vi stupiate, allora se, all’arrivo a Trieste, sentirete un’idioma insolito, un miscuglio inusuale, portato in giro, chessò, da una folata di gelida bora.
Qui si parla un po’ di tutto, perchè questo è lo spirito della città: un groviglio di culture diverse che si esprime in un delizioso frullato di lingue.