La bora. Arriva improvvisa. Si palesa con una raffica. Si ferma in città per due, tre giorni, colpisce con sferzate violente e se ne va.
Quella _ la bora _ ce l’abbiamo solo noi, qui a Trieste. Nessuno ce la può copiare.
E proprio dall’unicità di questo vento freddo, che soffia in direzione est est-nord-est, direi quasi identitario, è nata l’idea di un museo.
Il Museo della Bora a Trieste, in via Belpoggio, 9 è una delle tante chicche che la città offre.
Un piccolo museo dedicato alla più volatile delle essenze, il vento. Una sfida all’invisibile, che nasce, come tutti i piccoli musei, dalla passione.
Via Belpoggio n. 9…. Non dovete aspettarvi un museo vero e proprio, fatto di stucchi e marmi scintillanti. Il portone è un po’ scalcinato. Il campanello riporta la dicitura “ magazzino dei venti”. Un magazzino, più che un museo.
Entro in compagnia di un refolo di bora, che qui è di casa.
In questo tanto affollato quanto intrigante e divertente magazzino, tra girandole, spaventapasseri eolici provenienti da Bali, cappelli volanti, corde della bora, venti in scatola da tutto il mondo, foto d’archivio e tantissimi libri, spunta fuori il vulcanico Rino Lombardi, triestino di origini lucane, pubblicitario a Milano, rimpatriato per nostalgia (della bora?) che del museo è l’ideatore ( 12 anni fa) il presidente, la guida…
Trova il tempo, Rino, di dedicarmi un’ora, tra una visita e un’altra, per spiegarmi la sua idea _ stravagante quanto geniale_ di dedicare un museo al vento. Ancora adesso il sogno di un museo, in attesa di tempi e finanziamenti migliori, con il suo percorso numerato_ “ 20 indizi per un museo” _ per mettere ordine al disordine che appartiene ontologicamente al vento.
Mi indica, orgoglioso le collezioni che, come ogni museo che si rispetti, anche il museo della bora possiede.
La più bizzarra è, per l’appunto, l’”archivio dei venti”, raccolta di venti in scatola (ad oggi sono 130) spediti, in contenitori di ogni genere, da curiosi amanti del vento, che si possono forgiare _ con tanto di attestato _ del titolo di ambasciatori eolici.
Gli appassionati, su ordinazione, possono avere una lattina di “bora in scatola”!
La più interessante _ racchiusa in una scatola di plexiglas _ raccoglie tutti gli oggetti in uso, allora più che ora, per difendersi dalla bora: “iazzini”, ramponcini antisdrucciolo, sassi da mettere in tasca, ferri da stiro facenti la funzione dei sassi e una fettuccia contenente piombini per non fare svolazzare le gonne!
La più triestina è quella dei libri: _ non è forse Trieste la città di carta? Quanti autori hanno parlato della bora. E non solo triestini! Stendhal la definisce “abominable” in una lettera all’amico De Mareste.
Suona insistentemente il campanello.
Una ventina di piccoli visitatori urlanti cerca di farsi largo attraverso il portone. I due occhioni interrogativi che spuntano da dietro due spesse lenti del più piccolo della comitiva mi dicono che il tempo per me è scaduto.
Esco.
Il refolo che mi accompagnava, invece, è rimasto a casa, nel suo museo, a fare bella mostra di sé.
Museo della Bora
Via Belpoggio, 9, 34123 ,Trieste
Tel. +39.040.307478
www.museobora.org
museobora@iol.it
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