Non avevo neppure il più vago barlume di che cosa rappresentasse il mare per Trieste, quando ci sono arrivata.
Non c’è stato bisogno di alcuna spiegazione.
Con l’arrivo del primo sole e delle prime calure, nell’ora che va dal pranzo _ “ la mezza” si dice a Trieste, intendendo con questo mezzogiorno e mezza _ fin verso le cinque di pomeriggio, a Trieste è il deserto: sono tutti al mare.
Anche il commercio, i negozi …se non proprio si fermano, rallentano.Inconsapevole di questa frenesia per il mare del tutto triestina, mi sono azzardata a fare compere nel primo pomeriggio della mia prima estate qui.
Tutto chiuso.
Ad una saracinesca, mezza abbassata, di un piccolo negozietto in centro, era affisso un biglietto che spiegava senza alcun appello le ragioni della chiusura: “siamo al bagno”.
Ho aspettato qualche minuto, nella speranza che aprissero, pensando che al bagno si sta al massimo una decina di minuti, poi, spazientita, ho chiamato mio marito per chiedere delucidazioni, lui che a Trieste c’era arrivato già tre anni prima.
“Sono tutti a Barcola, al mare. Apriranno quando _ non si sa_ torneranno “dal bagno”!”
Qui a Trieste si va “al bagno” come nelle altre città si va al caffè o a bere un’ aperitivo con gli amici: ci si ritrova per fare due chiacchiere, qualche babezzo (gossip, nda), per scambiarsi qualche consiglio.
A Trieste l’andare al mare è un rito quotidiano cui nessuno sfugge, anche se si dispone solo di un’oretta di tempo.
A Trieste, infatti, si fa il bagno anche in centro città.
Sul molo Fratelli Bandiera, in pieno centro _ io ci posso arrivare comodamente a piedi _ si trova il bagno La Lanterna, altresì noto come El Pedocin vera e propria icona della passione triestina per i bagni di mare.
Unico stabilimento in Europa ad essere ancora diviso per uomini e donne (i bambini fino ai 12 anni stanno con le donne).
Il motivo di questa vera e propria segregazione, tipica forse di altre culture ed altre latitudini, non è mai stato veramente spiegato. Ma il muro non è mai caduto non ha mai lasciato il posto ad una promiscuità certamente più “moderna” ma anche più distratta: qui si viene per il sole e per il mare. Punto. Uomini a destra e donne a sinistra.
Poco più in là _ lo si vede bene dalla spiaggetta di sassi del Pedocin _ il Bagno Ausonia, simile ad una piattaforma petrolifera attaccata a terra da una passerella aerea, è il risultato della fusione di due antichi stabilimenti balneari _ il bagno Militare S. Andrea e lo stabilimento balneare Savoia. Ideale per prendere il sole sul solarium, è meta preferita dei ragazzini, fino ai 14 anni, terza media. Il limite di età è imposto dall’uso dei giovani triestini. All’Ausonia i “muletti” vengono a fare i tuffi dai suoi famosi trampolini da 3 e da 6 metri che si affacciano su di una “piscina”, un rettangolo di mare delimitato da gradinate. Qui si svolgono ogni anno le ormai mitiche Olimpiadi delle clanfe, una gara goliardica di tuffi “alla triestina” di cui vi ho già parlato e vi riparlerò a breve.
Non sia mai che un piccoletto di quell’età si azzardi ad andare ai Topolini di Barcola, bastioni di cemento aggettati verso il mare fatti a forma delle orecchie del famoso topo della Disney, frequentati dai ragazzi in età da liceo e oltre che li raggiungono a bordo dei loro motorini o della affollatissima 36 _ l’autobus che dal centro porta a Barcola e che da giugno a settembre è straripante di bagnanti_. Qui potrete trovare però anche una folla di “vecie babazze” che alle 7 di mattina si affrettano ad occupare un fazzolettino di asfalto del marciapiede prospiciente il mare, con brandina e tavolino per il gioco delle carte annesso.
Dalla pineta di Barcola fino al cosiddetto “bivio” verso Miramare è tutta una distesa di corpi al sole, a fianco della strada con gli automobilisti che spesso e volentieri si tamponano perchè distratti da qualche visione laterale. Dopo il bivio c’è appunto la cosiddetta “bivio beach” che prende il nome dalla biforcazione tra la strada costiera e la via che porta al castello di Massimilano e Carlotta. Qui ci vado qualche sabato mattina con mio marito in motorino, per un paio d’ore e un rinfrescante toc^ quando fa molto caldo.
Arrivati a Miramare, poco prima, c’è lo stabilimento del Circolo ufficiali, dove entrano solo i soci, e subito dopo l’esclusivo, ma non troppo, “Sticco”, dove l’acqua è molto bella grazie alla prossimità della riserva marina e dove le quarantenni della Trieste “bene” vengono a chiacchierare e qualche volta anche ad annoiarsi.
Oltre al bivio iniziano i dieci chilometri di strada costiera, che portano verso Sistiana e l’autostrada.
Dieci chilometri di strada, aggrappata alla roccia dura e grigia del ciglione carsico, macchiata, in questa stagione, da ciuffi gialli di ginestre. Lì sotto, invisibili, ci sono diversi bagni, a pagamento il Riviera e le Ginestre, altri liberi, come i Filtri e la costa dei Barbari.
Sono bagni, seppur molto belli, più lontani dalla città, non raggiungibili dagli autobus di linea, meno vicini alla concezione dell’ “andar al bagno” triestina.
Bellissimo, commovente per un trestino emigrato nella calura estiva di Milano.
Franco
Se penso a quelle mamme che vivono a Torino, Milano, Bologna o qualsiasi città dell’entroterra, mi sento una privilegiata: da adolescenti prendevamo su le infradito e l’asciugamani (telo mare? cossa xè sta roba?), ci imbarcavamo sulla Dionea e via a Grignano, idem le mie amiche con figli… non c’è più la Dionea, ma i “bagni” resistono. E poi da più grandicelli, vuoi mettere i milanesi che si precipitavano a Lignano o Grado e noi, belli abbronzati già dal ponte del primo maggio, si partiva per la montagna o per l’Olanda, ormai satolli di sole?
mi candido sin d’ora ad essere accolta nel Circolo delle Vecchie babazze….
(da una vita le mie amiche sono “le mie babe”, definizione che in famiglia abbiamo adottato dopo la lettura di Lessico familiare di Natalia Ginzburg, che resta, da sempre, il mio Libro del cuore).