La mia personale ricerca per conoscere quello che i libri di storia hanno solo sfiorato, mi ha portato, dopo la visita al Magazzino 18 in Porto Vecchio, a visitare l’ex campo profughi di Padriciano.
Il campo si trova sulla strada che da Padriciano va verso Basovizza.
L’ho percorsa migliaia di volte.
Ma non avevo mai notato quei grandi edifici, intrappolati dietro un grande cancello e salde recinzioni. Una vecchia caserma? Un lager?
Sono arrivata verso le dieci di mattina di una mattinata grigia, di primavera. Solo un pruno dava colore al grigio intorno a noi.
Un vento freddo sferzava l’erba incolta del grande piazzale, luogo del ritrovo.
Una decina di persone erano lì, attente alle spiegazioni del nostro accompagnatore, il signor Romano che con trasporto ci racconta la storia del campo.
Lui qui veniva a trovare i suoi nonni che hanno vissuto in questo campo, l’unico fra oltre cento campi allestiti in tutta Italia _ 22 solo a Trieste_ rimasto intatto e ancora visitabile su richiesta.
Qui dal 1947 fino alla metà degli anni Cinquanta si stabilirono centinaia di famiglie in fuga dalle terre perdute.
Davanti a noi un grande spazio, invaso dall’erba alta. Qui c’erano le baracche, demolite negli anni Ottanta, che non avevano né acqua né riscaldamento ed erano ricoperte ed isolate da eternit.
Negli edifici intorno, oramai dismessi, a più piani, c’erano la mensa, i bagni comuni dove il sabato si faceva la fila per fare la doccia, l’ambulatorio medico.
“Alle dieci di mattina _ racconta Romano _ ci si metteva in fila per mangiare. Il primo della fila aveva un pasto abbondante e caldo. L’ultimo scarso e freddo!”
Dietro di noi, nel grande edificio ristrutturato, adibito a suo tempo a scuola e asilo ora è allestita la mostra permanente dedicata alla vita del campo e al dramma dell’esodo.
Entriamo. E’ umido e fa freddo.
All’entrata la foto di una bambina. Un anno. Morta di freddo in quel terribile inverno del 1956.
Qui sono state trasportate alcune delle masserizie del magazzino18. .
Qui è stata ricostruita una baracca. La foto dice “Pdriciano 262 Baracca 9- Porta 9” : questo era l’indirizzo.
Un letto a castello alcuni utensili, alcune foto. Un buco di quattro metri per quattro, per cinque persone.
Sulla sinistra la stanza del ricordo: pagelle, quaderni, quadri, foto, forcine per capelli.
In fondo in un grande stanzone sono ammucchiate le sedie, mute testimoni di quel dramma.
Dietro di me una signora si commuove dicendo “mi ricordo, io qui ci ho vissuto”. Altri ancora ricordano. Persone sole o anziani accompagnati amorevolmente dai figli.
Davanti all’edificio sono state poste alcune pietre del carso. Ognuna di essa porta scritto un pensiero. Tanti pensieri. Alcune di esse sono ancora libere ad aspettare un racconto che non deve essere interrotto, di ricordi, di drammi, di sofferenze ma anche di speranza.
C.R.P. PADRICIANO
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